Ora la crisi si è estesa fino agli alimentaristi, e in particolare nei discount. L’unica certezza nel mondo del commercio è sempre quella del cibo: se anche questi articoli si vendono meno, allora la situazione diventa insostenibile”.

Il direttore di Confcommercio Giuseppe Marchionna non è stupito dai dati relativi alla spesa delle famiglie italiane, con i consumi che calano, l’indebitamento che cresce e gli acquisti che crollano, anche per i pranzi – a casa o nei ristoranti – nel periodo pasquale. “Nel mondo del commercio la situazione è diventata insostenibile e la crisi sembra non accennare a finire” osserva.

Marchionna, gli ultimi rapporti confermano un calo dei consumi. Il primo trimestre del 2013 si sta chiudendo così come si era chiuso il 2012.

Sono dati che non mi stupiscono. Tutte le ricerche condotte dalle varie associazioni danno risultati univoci. La gente non ce la fa davvero più”.

 

Preoccupa soprattutto la contrazione della spesa, a dispetto comunque di un maggiore indebitamento.

Un dato su tutti si rivela preoccupante, a mio giudizio: è iniziata la crisi anche per gli alimentaristi, che finora hanno sempre rappresentato per il mondo del commercio una sorta di ‘roccaforte’ per gli incassi, perché la gente deve pur fare la spesa per mangiare. Invece anche qui ci sono bilanci con segno negativo. Questa situazione si è estesa anche ai negozi di discount, finora i preferiti dalle famiglie che preferivano risparmiare scegliendo prodotti dai marchi meno conosciuti. Ora è crollato tutto, perché non ci sono proprio più i soldi”.

Quali sono le mosse che Confcommercio sta attuando per cercare di uscire dalla crisi?

Stiamo anzitutto cercando di compattarci ulteriormente e unire le forze. Cerchiamo di venire incontro alle imprese con una fusione tra Cofidi e Confcommercio a livello regionale e non solo più a livello provinciale".

Quanto l’instabilità politica sta condizionando il settore del commercio, attualmente in attesa di risposte?

Tantissimo, anche perché le aziende – molte delle quali sono fornitrici – non aspettano dalla Stato solo risposte, ma soprattutto liquidità. Il debito della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese ammonta a circa 80 miliardi di euro, ovvero la somma complessiva delle ultime 3-4 manovre finanziarie del Paese. E’ preoccupante lo scollamento tra i centri decisionali e le realtà produttive”.

Come reagiscono queste ultime alla difficile situazione del momento?

C’è il fenomeno della corsa alla liquidità. Si cerca di evitare contrasti con le banche, che d’altra parte sono anch’esse alle prese con la crisi. E poi c’è l’impellente necessità di salvare chi ancora può salvarsi. Ripeto: il ruolo delle istituzioni pubbliche a questo punto diventa fondamentale. Spero che ci si renda conto, una volta per tutte, che la logica dell’austerità sia stata un completo fallimento”.

Intervista al Quotidiano di Brindisi, 30 marzo 2013