di Massimo MELILLOQuotidiano di Brindisi, martedì 17 settembre 2013.

Una recentissima indagine di Eurisko, la maggior società di ricerche sociali e di mercato del Paese, ha analizzato i nuovi trend italiani. Le crisi economiche continue causano incertezze e paura. Negli ultimi 15 anni si registra un + 21% di consensi sull’affermazione “il futuro mi preoccupa”. Non è solo un fatto di perdita del potere d’acquisto: crollano miti, e neppure la famiglia, quella che in passato ha sopperito a tutte le carenze del welfare, viene più percepita come luogo di sicurezza.

La ricerca ha anche rilevato una tendenza, definita come “crescita della complessità percepita”, che riconosce le persone come più autonome e protagoniste, ma anche più bisognose di riconoscimento, confronto e relazione. Il cambiamento degli individui è quindi la vera variabile causale di tutto il resto. Oggi le persone sono più istruite, critiche, curiose: vogliono etica e quindi sostenibilità ambientale, sociale, culturale, economica. In sostanza, cercano progetti di vita.

 

E’ così che nascono culture, valori e consumi nuovi. Non è, come si pensa, solo il calcolo economico a ispirare le scelte, ma sono bisogni crescenti di benessere e soddisfazione. Dal cibo alla tecnologia, c’è bisogno di simboli, esperienze, icone emotive forti. Questo bisogno di esperienza si esprime nella ricerca di sensorialità e di emozioni e nel bisogno di essere coinvolti e di partecipare, entrambi tesi all’arricchimento di sé e a raggiungere una condizione di benessere.

Al giorno d’oggi ogni offerta significa anche qualcosa di più: i prodotti culturali si radicano nel territorio e da astratti diventano concreti (festival, incontri); le offerte per il tempo libero diventano occasioni di scambio e condivisione (terme, spa, palestre); il cibo è la memoria delle origini e un’occasione per stare insieme. Si sta attuando il passaggio dal “consumo di prodotti e servizi” alla “fruizione di esperienza”, sulle cui basi le imprese potrebbero costruire un nuovo, anche se non facile, rapporto di fiducia con le persone.

Questa premessa spiega a sufficienza l’attuale quadro di drammatica crisi dell’economia contemporanea (chiusura di fabbriche e negozi; centinaia di migliaia di persone espulse dai cicli produttivi; percentuale più alta d’Europa di disoccupati giovani) e la prospettiva sempre più concreta di un’inevitabile e progressiva “smaterializzazione” dell’apparato economico che punta sempre più alle valenze “immateriali” della produzione di ricchezza.

E’ in questo contesto che si colloca la ricerca di Giuseppe Marchionna che mira all’individuazione di un percorso di rilancio economico fondato sulla cosiddetta economia creativa, ovvero su un diverso approccio allo sviluppo fondato sulla conoscenza, la cultura e la creatività, come recita il sottotitolo del saggio “Il Nuovo Umanesimo delle Città”, pubblicato da Youcanprint e acquistabile su tutte le maggiori piattaforme online sia in formato cartaceo che in versione ebook (l’elenco completo è rintracciabile al sito www.pinomarchionna.it).

Il lavoro di Marchionna si fonda sul presupposto che siano le città il luogo privilegiato di tale nuova dimensione economica, giacché è al loro interno che si concentra il 75% della produzione della ricchezza nazionale e l’80% dell’occupazione. Il saggio si sviluppa intorno all’idea che la città sia destinata a svolgere sempre più il ruolo di motore di sviluppo e di perno di una nuova accezione di comunità, intesa come incubatrice di nuove culture e di nuovi stili di vita, nella quale si afferma lo spirito dell’accettazione reciproca e della convivenza delle diversità.

A partire da questo concetto, il lavoro dichiara esplicitamente di immaginare una città poliglotta e multiculturale, in grado di mediare le diversità attraverso le politiche del buon governo, senza incorrere nella tentazione di affidarla al caos, alla fortuna, alla scaltrezza, o peggio, alla supremazia degli uni contro gli altri. Il percorso cognitivo che viene delineato è una puntuale scansione dei fattori di mutamento in atto nella società contemporanea che coinvolge il progresso tecnologico (elettronica, informatica, nuove energie, nuovi materiali, laser, biotecnologie, farmacologia), la globalizzazione e i mass media, proponendo una rassegna dei segni della modernità che hanno determinato la destrutturazione del tempo e dello spazio, l’emergere di nuovi valori e di nuovi soggetti sociali, fino a delineare il nuovo stile di vita “esperienziale” adottato dai consumatori di questa epoca “postmoderna” fondata sull’individualismo, sull’affermazione del sé, sull’accettazione delle diversità.

In questo quadro turbolento ed in continuo divenire, l’analisi dettagliata delle opportunità offerte dalla società della conoscenza è un indiscutibile contributo alla definizione puntuale del concetto di “creatività”, che consiste nella capacità del nuovo ceto imprenditoriale di rendere compatibili due aspetti ugualmente importanti della propagazione delle conoscenze: l'esplorazione del nuovo e la replicazione e lo sfruttamento dei suoi usi.

Il saggio scandisce ogni passo del percorso di definizione del modello di “atmosfera creativa” nella città, analizzando le originarie condizioni di partenza delle politiche pubbliche – fortemente sbilanciate in favore degli interventi materiali, a discapito di quelli di tipo intangibile – e proponendo il massiccio sostegno ad un vasto comparto di micro servizi in grado di estendersi trasversalmente a supporto di tutti i campi di attività cittadina.

La descrizione e l’analisi delle tecniche di ‘city making’ e di ‘cultural planning’ aggiungono al lavoro un tocco di concretezza ed operatività, definendo una sorta di “cassetta degli attrezzi” per amministratori e decisori pubblici impegnati nella ricerca di concrete politiche di uscita dalla crisi, spronandoli ad innescare un circolo virtuoso che produca un effetto a catena su tutta l’economia urbana.

Infine, viene delineato un Piano d’Azione per lo sviluppo di un’economia creativa, che descrive minuziosamente l’elenco di ben 128 categorie di imprese che possono essere considerate a tutti gli effetti la struttura portante di un modello di sviluppo fondato sulle imprese culturali e creative, alle quali anche l’Unione Europea dedica ormai grande attenzione con il varo del Programma Europa Creativa, dotato di fondi per 1,8 miliardi di euro per il periodo 2014-2020. Questo ultimo capitolo del saggio può certamente essere considerato una sorta di manuale operativo per la costruzione di una città creativa, articolato com’è nei sette punti essenziali per la sua realizzazione (networking; formazione e occupazione; trasferimento della conoscenza; marketing; infrastrutture; spazi per l’incubazione dei talenti creativi; sostegno finanziario).