Ero molto giovane, da pochi mesi ero stato eletto Sindaco della Città ed improvvisamente mi ritrovai a fronteggiare una marea umana dolente, ferita ed affamata che cercava pane prima ancora che libertà.
Ancora oggi sono convinto che il più brillante risultato ottenuto in quei drammatici giorni consistette nell’evitare che la città fosse messa a ferro e fuoco da circa ventimila profughi albanesi sbandati e derelitti. E quel risultato poté essere raggiunto soltanto grazie all’intenso, profondo e convinto coinvolgimento di tutta la popolazione brindisina.
Mentre io richiedevo al Governo nazionale l’intervento dell’Esercito, un altro esercito spontaneo, fatto di uomini, donne e ragazzi brindisini, era già sceso in campo autonomamente, senza attendere il beneplacito da parte di nessuna autorità.
Devo confessare di non aver mai compreso il motivo per il quale in tutti questi anni non si sia mai posto il problema di una commemorazione, di un momento di riflessione e di approfondimento di quell’esperienza. Mi sono interrogato spesso sul significato recondito di questa grave mancanza da parte di tutti i ceti politici ed intellettuali della città e più in generale di tutta la società civile brindisina.
I cittadini di Brindisi nel 1991 indicarono al mondo intero una modalità con cui poteva essere affrontato il nuovo spettro che si aggirava in quegli anni per l’Europa: quello del crollo del comunismo e dell’incubo delle migrazioni di massa da est verso ovest.
In quei drammatici giorni il mondo venne qui, a Brindisi: ricordo interviste rilasciate a tutte le televisioni europee ed a quelle americane, canadesi, messicane, giapponesi, filippine.
Nei mesi successivi fui invitato in tutti i principali convegni europei sulle migrazioni internazionali, nel ruolo di testimone oculare del più grande esodo di massa sino a quel momento verificatosi nella vecchia cara Europa, terrorizzata dalla previsione di una nuova “calata dei barbari”.
La Città di Brindisi fu premiata dalle principali organizzazioni umanitarie come l’Unicef e la Croce Rossa Internazionale e fu proposta al Governo per il riconoscimento della Medaglia d’Oro al Valor Civile.
Di tutto questo, nel tempo che è trascorso, non v’è traccia nella storia sia pur recente della città. Ed è per questi motivi che, nella ricorrenza del ventennale di quella straordinaria esperienza di vita cittadina, mi sono definitivamente convinto ad assumere un’iniziativa concreta per riconsegnare alla Città la memoria storica di quell’evento.
Ho cercato di farlo mettendo ordine nei miei ricordi e nei miei appunti, ma soprattutto riportando gli ampi resoconti di stampa che in quei giorni le più prestigiose firme del giornalismo italiano dedicarono a Brindisi e alla sua gente.
E chiedo scusa sin d’ora se nella narrazione di quei giorni, qualche volta risulterà evidente un indugio di troppo su vicende, esperienze e riflessioni mie personali. Forse esse non avranno una stretta attinenza alla specifica vicenda, ma credo che potranno comunque risultare utili a comprendere lo stato d’animo di quei momenti davvero complicati che tutti insieme fummo chiamati a vivere.
In fondo questa testimonianza serve a ricordare a tutti che, se il futuro di un popolo si fonda sulla consapevolezza del proprio passato, è necessario tornare indietro, riesaminare quello che accadde in quei giorni a Brindisi, offrire ad ogni cittadino lo spunto per sentirsi orgoglioso di quello (poco o tanto) che fece in quei lontani giorni, garantire ai nostri giovani un’occasione positiva per riconoscersi nella propria comunità.
Solo così, tutti insieme, riusciremo a riannodare i fili di un discorso colpevolmente disperso nel tempo, riproponendo con più forza e convinzione la più antica delle vocazioni di questa città: quella di guardare al mare e a tutto quello che c’è al di là del mare.